Con questa espressione anglosassone si intende l’azione di colpevolizzare, anche in parte, la vittima di una violenza.
Negli ultimi anni ci si imbatte sempre più spesso nel termine “victim blaming“, un’espressione anglosassone connessa ai reati di violenza sessuale, di molestia o di abuso. La stessa Chiara Ferragni, ad esempio, ha recentemente accusato Andrea Giambruno, il compagno di Giorgia Meloni, di esserne colpevole, relativamente ai suoi commenti sullo stupro di gruppo avvenuto a Palermo. Ma qual è il reale significato di questo modo di dire? Che cosa si intende quando viene utilizzato?
Victim blaming: che cos’è
Con victim blaming, in sostanza, si intende il fenomeno che consiste nella colpevolizzazione della vittima di una violenza, portata simbolicamente sul banco degli imputati. Questo, solitamente, avviene con commenti, spesso portati da disinformazione sulla vicenda in esame, che biasimano il responsabile degli abusi, accusando chi li ha subiti di averli – in qualche modo – provocati.
Nello specifico, il victim blaming si manifesta con numerose domande fatte alla vittima sulla veridicità della sua versione dei fatti, sul suo abbigliamento, sull’assunzione di alcolici o stupefacenti e sul suo comportamento nei confronti degli altri. Così facendo, non si accusa il carnefice ma chi è stato aggredito, facendolo sentire – anche in parte – responsabile delle terribili cose che ha dovuto subire.
Un esempio pratico: il victim blaming nelle violenze domestiche
La maggior parte dei casi di victim blaming in cui ci si imbatte sono riferiti a violenze domestiche. Quante volte, infatti, si leggono frasi come “ma perché non lo ha lasciato?” o “perché non è andata via di casa?” nella sezione dei commenti sui social relativa ad una notizia che vede una donna picchiata dal marito.
Il problema, però, è che il victim blaming è proprio ciò che contribuisce a rendere difficile la fuga da queste situazioni a chi le subisce quotidianamente. Secondo l’Istat, peraltro, il 62,7% degli stupri avviene per mano del proprio partner o di un ex. Spesso, queste violenze non vengono denunciate perché nella società odierna si pensa che questi problemi vadano risolti dentro le mure domestiche.
La vittimizzazione secondaria
Altra espressione molto discussa è quella della “vittimizzazione secondaria“, ossia della simbolica seconda aggressione che ogni vittima è costretta a subire una volta che i fatti che la riguardano vengono esposti dai media al pubblico e commentati da tutti.
Questo fenomeno è ben più difficile da riconoscere rispetto al victim blaming e, per accorgersene, è necessario prestare molta attenzione alle domande o ai commenti che i giornalisti o le forze dell’ordine fanno a chi è vittima di un abuso.